Un indagine su Mario Francesconi nella ricerca di S.Beckett
Un film di Maicol Borghetti con Mario Francescani
Regia, fotografia e montaggio: Maicol Borghetti
Soggetto: Mario Francesconi, Maicol Borghetti
Improvvisazione di suoni, rumori e monologhi: Mario Francesconi
Durata: 52 min
Che cosa sarà passato da Mario Francesconi a Samuel Beckett? Notizie? Dati? Idee? Niente? E da Beckett a Francesconi, ruvidezze eremitiche a parte? Ce lo testimonia questo smozzicamento in capitoli sonori, istantanee cucite insieme in pose, mosse per snegghitire Mario, dare slancio al suo indossare Beckett, “suonarlo” da molto dentro, vicinissimo all’indicibile, al silenzio, alle gocce sospese. Maicol Borghetti ha affiancato Francesconi nella realizzazione di questo film – un ulteriore avvicinamento dell’artista a Beckett, da cui scaturisce un’indagine parallela su sé stesso – seguendo il filo logico di parole e controparole necessarie al loro reciproco riconoscimento, al trasferimento dall’uno all’altro delle loro personali e similissime disfonie. Luoghi, movimenti, colore, mancanze, arti, mezzi, sospensioni, porte, occhiate, specchi, abiti, femmina, acqua, muri, finestre, polvere; cose di altri film, di altri tempi, di altri pensieri, cose rubate, cose per riempire e per togliere, per rallentare e dare velocità, per mostrare e fare sparire; cose di Beckett, cose di Mario, cose di Maicol, cose di Tizio e di Caio. Mani di colla e di forte tenuta, perché neanche un solo soffio d’aria possa allontanarli, legano fino alla fine le immagini e i suoni di questo viaggio nell’intima e silenziosa vita creativa di Francesconi. Da lui stesso suggerito nell’idea di base, nei modi e nei suoni fino dal suo nascere, il video ha avuto in Maicol Borghetti la grintosa mano di filmaker che lo saputo cavalcare senza esserne mai disarcionato.
Andrea Furrer
Osmosi: per puro caso mi trovo nuovamente di fronte al tema “creatività”, con un taglio totalmente diverso rispetto al “Il diametro delle Idee” ma anche in questo film si ricerca sempre la comprensione delle necessità creative ed espressive dell’uomo.
Maicol Borghetti
Mario Francesconi
Artista prediletto di Mario Luzi, nasce a Viareggio nel 1934, e, dopo aver frequentato la “scuola di Piazza del popolo” di Roma -dove aveva lo studio in via del Babbuino- e avere avuto confronti diretti con Perilli, Dorazio, Colla, Consagra, Capogrossi, Sanfilippo, Novelli, Kounellis, Festa e Angeli, esordisce nel 1962, sempre a Roma, con la presentazione di Emilio Villa, uno dei critici più vicini alle esperienze dell’arte povera e già sostenitore, primo tra gli altri, di Alberto Burri. Fra i lavori iniziali più importanti di Francesconi ci sono i collage, Sillabazioni manuali realizzati con materiali umili riciclati.
Sostenuto da Leonardo Sciascia, da Alfonso Gatto e da Mario Tobino, nelle presentazioni attraverso le gallerie d’arte, tra Firenze, Palermo e Venezia, negli anni Sessanta e Settanta, Francesconi direttamente calato nella vertigine internazionale della Roma di quei vent’anni, amico di Twombly, di Alfred Lam, viaggia tra Parigi e Londra dove ha modo di frequentare Hartung e Henry Moore. All’interesse per il collage, per la poesia visiva, per l’arte concettuale, si unisce il gusto per il segno, talvolta “istintivo” delle sue dita intrise di colore, per quella contemporaneità tra pensiero ed azione, per una trasmissione e trascrizione immediate delle immagini.
Le sue opere entrano nella celebre collezione di Cesare Zavattini 8×10; nel 1966, insieme a Mino Maccari, realizza le scenografie per il Naso di Sostakovic, la cui regia è affidata a Eduardo De Filippo.
Anche con Pierpaolo Pasolini avrà un intenso scambio culturale, alimentato da letture che da Mallarmè, Cèline e Camus arrivano fino a Beckett, uno degli scrittori prediletti.
Alla metà degli anni novanta risalgono le sue opere in ferro – il ferro, rugginoso, massicciamente potente entra nella traduzione del tema primordiale dell’archetipo, conteso alle carte fragili da riciclo delle elaborazioni datate tra il 2000 e il 2003 – e il ciclo pittorico di tre trittici dedicati ai temi del Mistero, della Vita e della Morte per l’antirefettorio dell’Abbazia di Vallombrosa.
Nel 2000, insieme a Walter Valentini, Davide Benati, Lucio del Pezzo e altri artisti partecipa ai laboratori didattici per gli alunni della Provincia di Reggio Emilia nell’ambito dell’iniziativa Le mani pensano.